ERUZIONE VESUVIO 1944

Sono passati 71 anni dall’ultima eruzione del Vesuvio, e proprio in questi 

giorni di Marzo (18-29 Marzo) ne ricorrerà il suo anniversario. Il 1944 è stato 

un anno davvero intenso per la popolazione campana: come se non bastassero gli 

orrori della Seconda Guerra Mondiale, nei paesi ancora segnati dai bombardamenti, 

proprio quando era in corso la liberazione delle forze alleate dall’occupazione 

tedesca, il colossale vulcano partenopeo si è risvegliato. Nei mesi precedenti, 

il Vesuvio aveva dato alcuni segnali premonitori, ma in pochi vi avevano prestato

 attenzione: nel Gennaio di quell’anno si era infatti aperta una frattura, che 

aveva dato luogo ad una piccola colata, ed inoltre, 

il giorno 13 Marzo, era avvenuto il collasso di un cono di scorie messo in posto 

dentro al cratere.

Lave a S. Sebastiano e Massa di Somma. Caduta di prodotti 

piroclastici a Terzigno, Pompei, Scafati, Angri, Nocera, Poggiomarino e Cava. 

La lava tracimò dal lato settentrionale del cratere dirigendosi verso est, sud e 

nord. Mentre la colata meridionale, di portata limitata, si fermò a 350 metri di 

quota, la colata settentrionale, caratterizzata da una maggiore portata, si 

diresse nell’Atrio e, da lì, verso ovest, scavalcando il Monte Somma in prossimità

 del Fosso del Faraone, e raggiungendo i paesi di S. Sebastiano e Massa di Somma. 

La prima fase, effusiva, cessò quando cominciarono le fasi esplosive. Si formarono 

diverse fontane di lava, la prima delle quali di altezza superiore a 2 

chilometri. Dopo le fontane di lava ebbe inizio il collasso della piattaforma 

craterica e l’interazione del sistema magmatico con l’acqua di falda, con nubi 

nerastre che superarono l’altezza di 6000 metri. In questa fase si formarono 

piccoli flussi piroclastici lungo i fianchi del vulcano. Dopo una breve pausa, 

si formarono nubi eruttive cipressoidi, da cui ricaddero lapilli e ceneri in 

direzione sud est. Lave per 21 milioni di metri cubi; prodotti piroclastici per 

50 milioni di metri cubi. Sul numero delle vittime non si hanno valori definitivi,

 21-45 morti per il crollo dei tetti. Distruzione dei centri abitati di 

S. Sebastiano e Massa di Somma. Interruzione della strada di collegamento tra i 

due paesi. 12000 persone evacuate a Portici da S. Sebastiano, Massa e Cercola. La 

prima fase dell’eruzione fu caratterizzata da un tremore sismico continuo. 

Gli spessori dei prodotti piroclastici raggiunsero valori di 80 cm. Le ceneri 

eruttate 

durante le fasi esplosive giunsero ad Avellino e perfino a Bari. Le ultime fasi 

dell’eruzione furono accompagnate da intensa attività sismica. Il 24 marzo cadde 

leggera cenere vulcanica biancastra costituita da piccolissimi cristalli di 

leucite; tale evento fu considerato come un segnale di imminente fine 

dell’eruzione. L’eruzione terminò con frane dalle pareti crateriche, i cui 

detriti ostruirono il condotto vulcanico. Dopo l’eruzione in alcune zone del 

versante ovest del vulcano (Portici, Ercolano e Torre del Greco) si ebbero 

esalazioni di anidride carbonica (mofete), che resero l’aria irrespirabile fino 

ad un metro di altezza.