LA MIMICA

La mimica di Troisi sembrava quella di un mimo. Ex attore di teatro, Massimo sapeva come usare il suo corpo anche nei film. Creò un efficace mix di stili recitativi e la sua esuberanza fisica lo rese degno erede di Totò, con un corpo stralunato e senza inibizioni, da certi punti di vista simile a Jerry Lewis o al modernissimo Ace Ventura.

Massimo Troisi non poteva essere incasellato in nessun genere, come attore era vero, autentico,grande interprete di se stesso. La mimica di Troisi si rifa’ moltissimo a quella dei suoi illustri predecessori: è, per esempio molto presente il contorsionismo burattinesco di Totò. Attraverso di essa, Troisi è riuscito a mettere in luce le sagome caricaturali ed i modi di essere non solo meridionali. Un po’ clownesca, un po’ addolorata, a tratti dispotica ma sempre accattivante la mimica di Troisi è riuscita ad operare una comicità di “secondo grado”,capace di ironizzare sulla comicità stessa. Troisi ha lavorato molto con il “corpo” ed era consapevole dell’importanza di saperlo usare e muovere sulla scena.

Ecco cosa dice ancora una volta di lui Roberto Benigni: <<il corpo di Troisi era una cosa portentosa, nata per il comico. Lui era un bel ragazzo, ma la conformazione del suo corpo era proprio da comico: i movimenti che faceva erano essenziali per i suoi personaggi. Il culo (scusate…), le gambe di Troisi, il rapporto tra il busto e le gambe …sembrava davvero un burattino. Le sue gag erano involontarie. Quella camminata in “Non ci resta che piangere”…Bellissima.

La continua follia di una maschera.

 In quasi mezzo secolo di attività, Totò non fece altro che interpretare se stesso, in altre parole quel tipo, quella maschera, che aveva creato sin dagli esordi e che non mancò certo di perfezionare e di arricchire nel tempo, senza sostanziali mutamenti. Il suo limite fu onesto, e questa insieme alla recitazione, fu la sua grandezza. Per cui da una parte dispiacque, che egli sulla scena non provasse a cimentarsi con le figure della grande commedia o almeno, più semplicemente, con le figurine sapide o dolenti di un teatro napoletano che pur doveva avere nel sangue, poiché proprio a Napoli era nato, il 15 febbraio 1898, e a Napoli aveva vissuto la sua infanzia e la sua prima giovinezza, fra il brulichio sottoproletario del rione Sanità. D’altra parte non dispiacque ed è anzi motivo di grandi estimazioni, proprio questa sua fedeltà inflessibile a quel suo unico personaggio, a quella maschera, con cui ha saputo sempre imporre la sua grande arte comica anche utilizzando solo gli sketch e i modesti canovacci del teatro.