Chiesa di San Giovanni a Carbonara | |
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Inizio costruzione | 1343 |
La chiesa di San Giovanni a Carbonara è una chiesa di Napoli di epoca trecentesca, tra le più ricche di opere d'arte della città.
È ubicata nell'omonima strada del centro storico, così chiamata in quanto era destinata in epoca medievale a luogo di scarico dei rifiuti inceneriti.
La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1339, grazie alle donazioni del patrizio napoletano Gualtiero Galeota, sul luogo dove sorgeva un piccolo convento di agostiniani.
L'ampliamento che, all'inizio del quattrocento, fu voluto da Re Ladislao (che qui desiderava essere sepolto), portò alla costruzione di un nuovo chiostro a fianco di quello preesistente e la chiesa fu abbellita con marmi pregiati.
Restaurata nel 1856, fu severamente danneggiata durante i bombardamenti del 1943.
Una scala di piperno, realizzata da Ferdinando Sanfelice (1707 o 1708), scenografica per ampiezza e forma particolare (doppia rampa a tenaglia), conduce all'ingresso della chiesa.
Questa, caratterizzata da una semplice facciata, presenta un bel portale gotico con due pilastri ornati ed una lunetta affrescata dal pittore lombardo Leonardo da Besozzo.
Nei pressi dell'arco si trovano otto stemmi angioini e la figura del sole splendente, simbolo della famiglia nobiliare Caracciolo del Sole.
La chiesa ingloba altri due edifici di culto, quali la chiesa di Santa Monica e la chiesa della Consolazione a Carbonara; mentre è contigua strutturalmente all chiesa della Pietatella a Carbonara.
L'interno è a croce latina con un'unica navata rettangolare, il soffitto a capriate e l'abside coperta a crociera con cappelle aggiunte in tempi posteriori.
L'altare maggiore con balaustra (1746), presenta una pavimentazione a marmi policromi ed è posto tra due finestroni a linea tipicamente gotica.
Il complesso presenta, alle spalle dell'altare, nell'abside, il meraviglioso monumento funebre a re Ladislao; inoltre vi sono altre cappelle e diverse sculture e pitture di particolare rilevanza ammirabili nella navata o nella sacrestia, che custodisce un cospicuo numero di opere delVasari.
La complessa decorazione di questa cappella, dedicata a San Giovanni Battista ed addossata alla parete di fronte all'ingresso, è stata attribuita a vari artisti lombardi come il Malvito o Jacopo della Pila.
Vi sono numerose statue, tra le altre spiccano alcuni Dottori della Chiesa, una Madonna col Bambino, e l'opera dedicata al fondatore della cappella Troiano Miroballo con la moglie presentati dai due Ss. Giovanni.
Il sepolcro di Antonio Miroballo è opera di Lorenzo Vaccaro e precede gli affreschi quattrocenteschi posti nella nicchia seguente che raffigurano la Vita di S. Nicola da Tolentino.
La cappella, che si trova a sinistra dell'ingresso, fu eretta tra il 1557 ed il 1566 su disegno del D'Auria e dal Caccavello, che eseguirono rispettivamente la parte inferiore dell'altare (Assunta) e il Sepolcro di Scipione di Somma di fronte all'ingresso.
Numerose altre opere sono presenti in questa chiesa così ricca e vale la pena di citare senz'altro la statua sull'altare della Madonna delle Grazie di Michelangelo Naccherino (1578) e la sacrestia del Vasari, composta da sedici tavole (1546) eseguite dall'autore aretino con la collaborazione di Cristoforo Gherardi.
Poi vi è la cappella del Crocifisso, fondata dal cardinale Geronimo Seripando (detta anche per l'appunto Cappella Seripando), caratterizzata da una notevole Crocifissione del Vasari, oltre al monumento sepolcrale del fondatore che fu arcivescovo di Salerno.
Ancora, sono presenti nell'edificio un'altra scultura del Naccherino, raffigurante la Madonna col Bambino, e la Cappella Recco, la quale ospita il presepe quattrocentesco del complesso. Quarantacinque figure di questo antico presepe, commissionate nel 1478 da Jaconello Pipe, aromatario del duca di Calabria, a Pietro eGiovanni Alamanno, infine, sono state trasferite al museo di San Martino.
A sinistra della chiesa, il maestoso Palazzo Caracciolo di Santobuono, eretto nel XVII secolo come rifacimento di un piccolo castello voluto da Carlo II e poi lasciato in donazione da re Roberto a Landolfo Caracciolo.
In epoca aragonese fu sede del Sacro Regio Consiglio e fu dimora del Duca di Guisa (1648), dello scopritore degli scavi di Ercolano Emanuele Maurizio d'Elboeuf (1716) e del generale francese Jean Étienne Championnet ai tempi della Repubblica Partenopea.
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