Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe [...];
Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che
si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa [...]. Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s'incornicia il Vesuvio coi suoi
dintorni.
L'arte presepiale napoletana si è mantenuta tutt'oggi inalterata per secoli, divenendo parte delle tradizioni natalizie più consolidate e seguite della città. Famosa a Napoli, infatti, è la nota via dei presepi (via san Gregorio Armeno) che offre una vetrina di tutto l'artigianato locale riguardante il presepe. Inoltre, numerosi sono i musei cittadini e non (come il museo di San Martino o la reggia di Caserta) nei quali sono esposti storici pezzi o intere scene che ambientati durante la nascita di Gesù.
Il primo presepio a Napoli viene menzionato in un documento che parla di un presepio nella Chiesa di S. Maria del presepe nel 1025. Ad Amalfi, secondo varie fonti, già nel 1324 esisteva una "cappella del presepe di casa d'Alagni".
Nel 1340 la regina Sancia d'Aragona (moglie di Roberto d'Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova chiesa, di cui oggi è rimasta la statua della Madonna nel museo di San Martino.
Presepe di Corte |
Uno dei più limpidi esempi di presepe napoletano è dato dalla manifattura in terracotta con pezzi risalenti al XVIII secolo che si trova nella sala Ellittica
della Reggia di Caserta. Si tratta dell'allestimento ex novo, compiuto nel1988, di quello che fu il presepe di Corte[1]. Per la sua realizzazione sono stati utilizzati gli stessi materiali in uso all'epoca. (Nell'immagine: Particolare del presepe della Reggia di Caserta) |
Altri esempi risalgono al 1478, con un presepe di Pietro e Giovanni Alemanno di cui ci sono giunte dodici statue, e il presepe di marmo del 1475 di Antonio Rossellino, visibile a Sant'Anna dei Lombardi.
Nel XV secolo si hanno i primi veri e propri scultori di figure. Tra questi sono da menzionare in particolare i fratelli Giovanni e Pietro Alemanno che nel 1470 crearono le sculture lignee per la rappresentazione della Natività. Nel 1507 il lombardo Pietro Belverte scolpì a Napoli 28 statue per i frati della Chiesa di San Domenico Maggiore. Per la prima volta il presepio fu ambientato in una grotta di pietre vere, forse venute dalla Palestina, ed arricchito con una taverna. Nel 1532 secolo registrò delle novità: Domenico Impicciati fu probabilmente il primo a realizzare delle statuine in terracotta ad uso privato. Uno dei personaggi, altra novità, prese le sembianze del committente, il nobile di Sorrento, Matteo Mastrogiudice della corte aragonese. Nel 1534 arrivò a Napoli San Gaetano da Thiene che aveva già dato prova di grande amore per il presepio inSanta Maria Maggiore a Roma. L'abilità di Gaetano accrebbe la popolarità del presepio e particolarmente apprezzato fu quello costruito nell'Ospedale degli Incurabili. Si deve ai sacerdoti scolopi, nel primo ventennio del Seicento, il presepio barocco. Le statuine furono sostituite da manichini snodabili di legno, rivestiti di stoffe o di abiti. I primissimi manichini napoletani erano a grandezza umana per poi ridursi attorno ai settanta centimetri. Il presepio più famoso fu realizzato nel 1627 dagli scolopi alla Duchessa. La Chiesa degli scolopi lo smontava ogni anno per rimontarlo il Natale successivo: anche questa fu un'innovazione perché fino ad allora i presepi erano fissi. Nel 1640, grazie a Michele Perrone, i manichini conservarono testa ed arti di legno, ma furono realizzati con un'anima in filo di ferro rivestito di stoppa che consentì alle statue di assumere pose più plastiche. Verso la fine del Seicento nacque la teatralità del presepio napoletano, arricchita dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, a rappresentare in ogni arte la quotidianità che animava piazzette, vie e vicoli. Apparvero nel presepio statue di personaggi del popolo come i nani, le donne con il gozzo, i pezzenti, i tavernari, gli osti, i ciabattini, ovvero la rappresentazione degli umili e dei derelitti: le persone tra le quali Gesù nasce. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine delle colonne pagane. Nel Settecento il presepio napoletano visse la sua stagione d'oro, uscì dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell'aristocrazia. Nobili e ricchi borghesi gareggiarono per allestire impianti scenografici sempre più ricercati. Giuseppe Sanmartino, forse il più grande scultore napoletano del Settecento, abilissimo a plasmare figure in terracotta, diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio.
La scena si sposta sempre più al di fuori del gruppo della sacra famiglia e più laicamente s'interessa dei pastori, dei venditori ambulanti, dei re Magi, dell'anatomia degli animali. Benché Luigi Vanvitelli definì l'arte presepiale "una ragazzata", tutti i grandi scultori dell'epoca si cimentarono in essa fino all'Ottocento inoltrato.
Goethe descrive il presepe italiano nel suo Viaggio in Italia del 1787:
« Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe <...> Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa <...>. Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s'incornicia il Vesuvio coi suoi dintorni. » |
Benino o Benito: Questa figura è un riferimento a quanto affermato nelle Sacre Scritture: “E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti”. Il risveglio è considerato inoltre come rinascita. Infine Benino, nella tradizione napoletana, è anche colui che sogna il presepe e - sempre nella tradizione napoletana - guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.
Il vinaio e Cicci Bacco: Il percorso del presepe napoletano è anche rappresentazione della “rivoluzione religiosa” che avverrà con la morte del Messia. Difatti il vino e il pane, saranno i doni con i quali Gesù istituirà l’Eucaristia, diffondendo il messaggio di morte e resurrezione al Regno dei Cieli. Ma contrapposto a ciò, c’è la figura di Cicci Bacco, retaggio delle antiche divinità pagane, dio del vino, che si presenta spesso davanti alla cantina con un fiasco in mano.
Il pescatore: è simbolicamente il pescatore di anime. Il pesce fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati dall’Impero Romano. Infatti l’aniconismo, cioè il divieto di raffigurare Dio, applicato fino al III secolo, comportò la necessità di usare dei simboli per alludere alla Divinità. Tra questi c’era il pesce, il cui nome greco (ikthys) era acronimo di "Iesùs Kristhòs Theoù Yiòs Sotèr" (Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore).
I due compari: i due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, sono la personificazione del Carnevale e della Morte. Infatti al cimitero delle Fontanelle in Napoli si mostrava un cranio indicato come “A Capa ‘e zi’ Pascale” al quale si attribuivano poteri profetici, tanto che le persone lo interpellavano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto.
Il monaco: viene letto in chiave dissacrante, come simbolo di un'unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano.
La zingara: è una giovane donna, con vesti rotte ma appariscenti. La zingara è un personaggio tradizionalmente in grado di predire il futuro. In questo caso la sua presenza è simbolo del dramma di Cristo poiché porta con sé un cesto di arnesi di ferro, metallo usato per forgiare i chiodi della crocifissione.
Stefania: È una giovane vergine che, quando nacque il Redentore, si incamminò verso la Natività per adorarlo. Bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare laMadonna, Stefania prese una pietra, l’avvolse nelle fasce, si finse madre e, ingannando gli angeli, riuscì ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno successivo. Alla presenza di Maria, si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne bambino, Santo Stefano, il cui compleanno si festeggia il 26 dicembre.
La meretrice: Simbolo erotico per eccellenza, contrapposto alla purezza della Vergine, si colloca nelle vicinanze dell'osteria, in contrapposizione alla Natività che è alle spalle.
I re magi: Rappresentano il viaggio notturno della stella cometa che si congiunge con la nascita del nuovo “sole-bambino”. In questo senso va interpretata la tradizione cristiana secondo la quale essi si mossero da oriente, che è il punto di partenza del sole, come è chiaro anche dall’immagine del crepuscolo che si scorge tra le volte degli edifici arabi. In origine rappresentati in groppa a tre diversi animali, il cavallo, il dromedario e l’elefante che rappresentano rispettivamente l’Europa, l’Africa e l’Asia. La parola magi è il plurale di mago, ma per evitare ambiguità si usa dire magio. Si trattava di sapienti con poteri regali e sacerdotali. Il Vangelo non parla del loro numero, che la tradizione ha fissato a tre, in base ai loro doni, oro,incenso, mirra, cui è stato poi assegnato un significato simbolico. Le soluzioni estetiche adottate per il posizionamento dei Magi sulla scena sono molteplici, spesso originali ma tutte artisticamente valide
Il mercato: Nel presepe napoletano del ‘700 le varie attività lavorative rappresentano come in un'istantanea i principali commerci che si svolgono lungo tutto l'anno. Quindi è possibile interpretare arti e mestieri come personificazioni dei mesi seguendo questo schema:
Gennaio: macellaio o salumiere Febbraio: venditore di ricotta e formaggio Marzo: pollivendolo Aprile: venditore di uova Maggio: una donna che vende ciliegie Giugno: panettiere Luglio: venditore di pomodori Agosto: venditore di cocomeri Settembre: contadino o seminatore Ottobre: vinaio Novembre: venditore di castagne Dicembre: pescivendolo
Il ponte: chiaro simbolo di passaggio ed è collegato alla magia. Alcune favole napoletane raccontano di tre bambini uccisi e seppelliti nelle fondamenta del ponte allo scopo di tenere magicamente salde le arcate. Rappresenta quindi un passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Il forno: evidente richiamo alla nuova dottrina cristiana che vede nel pane e nel vino i propri fondamenti, nel momento dell'Eucarestia, oltre a rappresentare un mestiere tipicamente popolare.
Chiesa, crocifisso: La presenza di una chiesa, come anche del crocifisso, testimonia l'anacronisticità del presepe napoletano che è ambientato nel ‘700.
L’osteria: Riconduce, in primo luogo, ai rischi del viaggiare. Di contrasto, proprio perché i Vangeli narrano del rifiuto delle osterie e delle locande di dare ospitalità alla Sacra Famiglia, il dissacrante banchetto che in esse vi si svolge è simbolo delle cattiverie del mondo che la nascita di Gesù viene ad illuminare
Il fiume: L’acqua che scorre è un simbolo presente in tutte le mitologie legate alla morte e alla nascita divina. Nel caso della religione cristiana, essa richiama al liquido del feto materno ma, allo stesso tempo, all'Acheronte, il fiume degli inferi su cui vengono traghettati i dannati.
Il pozzo: collegamento tra la superficie e le acque sotterranee, la sua storia è ricca di aneddoti e superstizioni, che ne fanno un luogo di paura. Una su tutte, quella per la quale un tempo ci si guardava bene dall’attingere acqua nella notte di Natale: si credeva che quell’acqua contenesse spiriti diabolici capaci di possedere la persona che l’avesse bevuta.
Il presepe napoletano |
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Il presepe napoletano "o' Presebbio" , insieme ai zampognari, alla tombola ed al menu della cena della Vigilia di Natale (24 dicembre), è uno dei simboli più intensi
della tradizione natalizia a Napoli. |
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