Neapolis, Palepoli, Partenope: la magìa di Napoli è già tutta racchiusa nei miti delle origini.
1) Secondo gli antichi storici greci e romani la nascita della città sarebbe da collegare alla leggenda della semidea marina, la bellissima Parthenope: non essendo riuscita ad ammaliare col suo canto Ulisse che, per resisterle, si era fatto legare dai compagni all’albero della nave, si lasciò morire. Nel luogo dove si trovava la tomba della sirena sarebbe sorta la città di Parthenope.
2)Secondo Stazio e Licofrone, invece, il nome e l’origine della città sarebbero da collegare a Partenu-Opsis, la figlia di Eumelo, re della Tessaglia, che morì dopo essere sbarcata sul nostro litorale, e qui, in suo onore, sarebbe nata la città.
1) La prima parla della classica Sirena Parthenope:
"Gli scogli delle Sirene, delle quali si parla anche nell’Odissea, sarebbero, secondo la leggenda, quelli di fronte Positano oggi chiamati “Li Galli”, il cui primitivo nome era Sirenusse (ultimo
proprietario fu il ballerino Rudolf Nuraiev), così le origini di Napoli si intrecciano con la storia, la leggenda ed il mito di Ulisse, la terra Campana è indissolubilmente legata al nome di
Omero, e dello stesso Ulisse, delle cui più memorabili avventure è stata teatro.
La Maga Circe (il cui sito, secondo il mito, è posto nel Basso Lazio, oggi Parco Nazionale del Circeo) aveva messo in guardia Ulisse contro il canto delle Sirene, ma se avesse voluto ascoltarle,
avrebbe dovuto turare con la cera le orecchie dei suoi compagni e farsi legare all’albero maestro della nave. Nella luce abbagliante del mezzogiorno facevano sentire la loro melodiosa voce,
nascondendo tra i fiori i resti dei marinai che non avevano resistito al loro richiamo lasciandosi morire sugli scogli. Seducendo non solo con il canto ammaliante ma anche con le parole,
promisero ad Ulisse che avrebbero rivelato i segreti della conoscenza e di tutto quello che avviene in ogni tempo e luogo della terra, egli cercò di liberarsi ma i suoi compagni lo legarono più
strettamente, così la nave passò oltre e si salvarono.
Le Sirene erano divine, ma non immortali, fallendo il loro potere di incantatrici nei confronti di Ulisse, si uccisero precipitandosi dagli scogli, queste erano le figlie nate dall’unione di
Acheloo, divinità fluviale, con una delle Muse: Leucosia (la bianca), Parthenope (la vergine) e Ligea (dalla voce chiara).
Il corpo di Parthenope fu portato dalle correnti marine tra gli scogli di Megaride, e lì gli abitanti trovarono la dea, con gli occhi chiusi nel bianco del viso e i lunghi capelli che
ondeggiavano nell’acqua. Venne posta in un grandioso sepolcro, diede nome al villaggio di pescatori e divenne la protettrice del luogo, venerata dal popolo e onorata con sacrifici e fiaccolate
sul mare. Non si sa dove possa essere la sua tomba, (vera o leggendaria), studiosi, archeologi hanno creduto di localizzarla sulla collina di Sant’Aniello a Caponapoli, sotto le fondamenta della
chiesa di Santa Lucia, costruita sul tempio dedicato a Partenope, sull’isolotto di Megaride, nel sotterraneo di Castel dell’Ovo. Megaride è un luogo incantato della città dove confluisce la
storia, il mito, il primo approdo dei Greci e del ritrovamento del corpo della dea, che continua con la leggenda del mago poeta Virgilio….dove collocherà qui le sue ossa."
2) La seconda invece è più sconosciuta, ma ugualmente
bella...
Cimone amava una fanciulla greca, bellissima, di nome Parthenope, che nel linguaggio greco, significa Vergine. Ella amava sedersi sopra un’ altissima roccia, e fissare lo sguardo sul mare, mentre
la sua anima cominciava a immergersi in un pensiero lontano ossia, oltre quel mare, esisteva l’ ignoto, l’ indefinibile.
In una notte d’ estate, Cimone chiede a Parthenope di fuggire insieme, evitandole così di sposare un uomo che lei non amava, ma che faceva piacere a suo padre. Tra tante paure e timori, il dover affrontare il mare aperto, arrivare in una terra sconosciuta, senza sapere come sarebbe andata decisero di partire.
Quando i due amanti sbarcarono sul lido divino, un sussulto di gioia fece fremere la terra, la terra nata per amore, che senza amore è destinata a morire, a bruciare, a perire. Parthenope e Cimone portano l’ amore dappertutto, stretti l’ uno all’ altra, portano l’ amore sulle colline, dalla bellissima Poggioreale sempre fiorita alla splendita Posillipo.
Essi hanno chinato il volto sui crateri infiammati, paragonando la passione incandescente della natura alla loro. Nelle limpide e stellate notti d’ estate, Parthenope si è distesa sulla rena del lido ed ha accarezzato i capelli del suo amato; nelle fresche giornate di primavere ha raccolto nel loro splendito giardino fiori e baci.
La bruna pietra dei Campi Flegrei non ha lacerato il piede di Parthenope; il mare è diventato buono ed ha cantato loro la canzone d’ amore, la natura non ha avuto nessun agguato per essi. Quando loro si sono chinati ed hanno baciato la terra benedetta, quando hanno alzato lo sguardo al cielo, un palpito ha loro risposto e fra l’ uomo e la natura si è affermato il profondo, l’ invincibile amore che li lega.
Napoli, quindi la città della giovinezza, immortale, invocata da Parthenope e Cimone. Ecco che grazie al loro amore nascie una delle più belle civiltà dello spirito innamorato, della fusione tra l’ amore fisico e l’ armonia morale. Adesso quando Parthenope viene a sedersi sulla roccia del Monte Echia, guarda il mare, il suo pensiero va a quella regione ignota che ormai è stata raggiunta, a tutto ciò che è stato crato e che è diventato reale.
Parthenope vive bella e giovane da 5000 anni, ed è ella che rende questa città piena di luce e di colori; è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene. Lei, la vergine, la donna, non muore mai, lei è l’ amore, Napoli è la città dell’ amore.
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